Coding, didattica e autismo. Parte I

Oggi vorrei introdurre un argomento importante che negli ultimi anni ha rivoluzionato i programmi scolastici e che ha delle enormi potenzialità nel settore pedagogico ed educativo. Si tratta del Coding!

Letteralmente la parola coding potrebbe essere tradotta con “programmazione informatica” ed è una sorta di linguaggio attraverso il quale “dialogare” con il computer. Su internet si trovano diverse piattaforme per chi vuole muovere i primi passi in questo mondo. Le principali sono code.org e Scratch di cui vi abbiamo parlato in un nostro precedente articolo e che potete leggere qui.

Negli ultimi anni molti paesi europei tra i quali l’Estonia e l’Inghilterra hanno introdotto il coding nei loro corsi di studio iniziando a testare questo approccio fin dai primissimi anni della scuola primaria. In Italia il coding è stato introdotto nell’anno scolastico 2015-16 nell’ambito della riforma scolastica  “La Buona Scuola” e, stando a quanto riporta il sito ufficiale del progetto “Programma il futuro”, nel corso dei “primi due anni di progetto gli studenti hanno complessivamente svolto quasi 10 milioni di ore di informatica”. Naturalmente la quantità di ore svolte nell’ambito del progetto non è sinonimo di qualità, basti pensare a quando, durante gli anni Novanta del secolo scorso, i programmi scolastici vennero letteralmente riempiti di “ore di informatica” (singole, ndr) totalmente slegate dal resto dei programmi.

Mi spiego meglio, queste ore di informatica non erano inserite in un contesto interdisciplinare dove, attraverso l’informatica, venivano potenziate altre materie come la matematica, la storia e la geografia ma erano semplicemente spazi nei quali un insegnante, molto spesso poco qualificato, provava a spiegare un mondo complesso ma soprattutto nuovo a classi nelle quali buona parte degli studenti non aveva mai utilizzato in prima persona un computer. Stiamo parlando della metà dell’ultimo decennio del secolo breve dove la diffusione familiare dei pc era limitatissima e solo pochissimi avevano le competenze necessarie per utilizzare con senso “logico” queste macchine. Parlo di senso logico perchè, prima dell’introduzione di internet, il computer non aveva ancora assunto quelle funzioni che oggi lo rendono un device unico che lavora a 360 gradi.  Prima del world wide web, ma soprattutto prima dell’introduzione della linea veloce (ADSL), il computer aveva senso solo se utilizzato in ufficio o nelle aziende; erano pochi i pionieri che acquistavano un pc per utilizzarlo a casa e coloro che lo facevano finivano per utilizzarlo come una semplice console.

Oggi le persone sono molto più preparate a questi nuovi strumenti rispetto a vent’anni fa e questo auspica un migliore utilizzo del coding che, a differenza dell’ora di informatica, si appresta a diventare uno strumento interdisciplinare con l’obiettivo di costruire ponti tra le materie. Sempre secondo quanto riporta il sito del MIUR “il lato scientifico-culturale dell’informatica, definito anche pensiero computazionale, aiuta a sviluppare competenze logiche e le capacità di risolvere problemi in modo creativo ed efficiente, qualità che sono importanti per tutti i futuri cittadini. Il modo più semplice e divertente di sviluppare il pensiero computazionale è attraverso la programmazione (coding) in un contesto di gioco”. Naturalmente anche il mondo del lavoro sta per essere investito da questa rivoluzione informatica che è solo agli inizi e secondo un sondaggio del U.S. Bureau of Labor and Statistics entro l’anno 2022 ci saranno oltre 1,3 milioni di offerte di lavoro che richiedono competenze informatiche.

All’interno dei nostri articoli abbiamo molto discusso dell’utilizzo di nuove tecniche per migliorare la qualità dell’integrazione e dell’insegnamento con i ragazzi affetti dal disturbo dello spettro autistico tuttavia solo poche volte abbiamo parlato di quale futuro possano avere questi ragazzi una volta terminato il loro ciclo di studi. Abbiamo sfiorato molte volte l’argomento è vero, ad esempio nel dialogo con Simonetta Lumachi (che potete leggere qui), ma non abbiamo mai approfondito quali possano essere gli strumenti che permettono a questi ragazzi un felice inserimento in un mondo del lavoro sempre più complesso e informatico. Secondo varie ricerche (Born 2011, Kavilanz 2016) solo il dieci-venti per cento degli adulti affetti da questo disturbo hanno un impiego stabile.

Ritengo che si tratti di dati da trattare con estrema cautela a causa della varietà del disturbo di cui stiamo parlando. Come abbiamo visto numerose volte esistono diversi gradi di disordine autistico che vanno da un livello che, prima dell’avvento del DSM5 (per saperne di più cliccate qui), veniva chiamato “Asperger”  e che adesso viene definito sottosoglia o variante alla norma a livelli più gravi definiti a “basso funzionamento”, inoltre queste analisi sono state fatte in una difficile congiuntura economica che rende ancora più complessa una corretta valutazione di questo fenomeno. Tuttavia questi dati sono utili per rendere l’idea della situazione degli autistici nel mondo del lavoro e da questo si capisce come sia difficile per una persona affetta da disordine autistico inserirsi nel mondo del lavoro. Garantire un’istruzione di coding per gli studenti con autismo diventa quindi fondamentale non solo per far vivere a questi studenti un’esperienza educativa e divertente, ma anche per il loro successo da adulti. Nel prossimo articolo andremo ad analizzare a fondo quali sono i vantaggi del coding e i vari approcci utilizzati allo stato dell’arte.

Gianluca Pedemonte