Coding, didattica e autismo. Parte II

Nello scorso articolo abbiamo ripercorso le fasi iniziali dell’inserimento del coding all’interno dei programmi scolastici mentre in questa seconda puntata andremo ad analizzare i vari approcci del coding che sono stati utilizzati con  ragazzi affetti dal disturbo autistico.

Nel mondo odierno sono sempre di più i posti di lavoro che richiedono l’utilizzo di sistemi informatici e i programmi scolastici cercano di adeguarsi continuamente alle novità che la tecnologia propone ogni giorno. La richiesta di ampliare la quantità e la qualità di persone che sappiano utilizzare il coding e la programmazione è forte sia da parte delle aziende sia da parte degli istituti scolastici e questa necessità è ancora più forte per i giovani affetti dallo spettro del disturbo autistico.

La programmazione richiede una forte conoscenza della matematica e della logica, categorie in cui molti bambini autistici primeggiano. Laurent Mottron (2011), un professore di psichiatria  dell’Università di Montreal, si avvale di numerosi ricercatori autistici nel suo laboratorio e racconta che molti di questi studenti riescono ad approfondire in modo eccezionale alcune ricerche a causa della loro intensa attenzione e del profondo interesse che nutrono per la ricerca di informazioni ma, nonostante questo, molti autistici non vengono accettati nel mondo del lavoro.

Probabilmente la ragione principale per cui queste persone non riescono a inserirsi nel mondo del lavoro risiede nel pregiudizio e nell’ignoranza di molti datori di lavoro. Altre ragioni possono comprendere la bassa predisposizione degli autistici per la socialità, richiesta nella maggior parte degli ambienti di lavoro, e una preparazione tecnica non adeguata.

Per combattere questo fenomeno molte associazioni stanno attuando dei programmi per inserire i giovani autistici all’interno del mondo del lavoro nel settore della tecnologia. Per esempio Live Code (linguaggio di programmazione e ambiente di sviluppo open source, ndr) ha lanciato una campagna per offrire a 3000 giovani affetti dal disturbo autistico un corso di sei mesi per aumentare le loro competenze nel settore del coding.

Un altro progetto simile è stato lanciato da un’associazione no profit di Evanston (Illinois), chiamata Have Dreams, che ha organizzato un corso di programmazione di videogiochi per bambini autistici ad “alto funzionamento”. A Los Angeles esiste anche la STEM3, una scuola per ragazzi con “bisogni speciali” rivolta all’insegnamento delle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Maths) e che utilizza nei suoi corsi di studio l’elettronica, la robotica, la stampa 3d e il coding.  I vantaggi dell’utilizzo del coding con studenti autistici sono riassumibili in due categorie: divertimento e successo per il futuro.

Come abbiamo ripetuto più volte all’interno di questa piattaforma – ma soprattutto come emerge a livello globale dalle varie ricerche condotte nei numerosi istituti che si occupano della ricerca in questo campo – i ragazzi affetti dal disturbo autistico sono portati per l’informatica a causa della logica e della coerenza dei suoi comportamenti. A differenza delle interazioni sociali, raramente logiche e coerenti, la programmazione è un esercizio di pianificazione e progettazione che quasi sempre fornisce una risposta prevista. Questo è stato confermato anche dal Dr. Crasnow, direttore dell’accademia STEM3, che ricorda come il 34% di studenti con “bisogni speciali” della sua scuola scelga materie STEM al college. Come riporta Kavilanz nel suo articolo per la CNN (che potete leggere nella versione integrale qui) i programmi di questa scuola vengono studiati appositamente per aiutare gli studenti a navigare nel mondo delle interazioni sociali mentre i programmi sono basati principalmente su materie STEM.

Kavilanz racconta poi la storia di uno studente autistico con grandissime capacità in matematica e grandi difficoltà con le interazioni sociali e descrive come questo ragazzo sia migliorato moltissimo dal momento del suo arrivo alla STEM3. Alla fine del suo percorso di studi questo studente ha migliorato notevolmente la sua comunicazione e questo ha influito positivamente nella gestione delle interazioni sociali. La chiave sta nell’inserire gli studenti autistici in ambienti stimolanti per loro, dove vengono analizzati e approfonditi argomenti che li affascinano. Per questi studenti questo approccio si traduce nell’apprendimento della logica e del coding che li aiuta anche sul fronte delle interazioni sociali. Kavilanz conclude infine raccontando come moltissime aziende aerospaziali abbiano contattato STEM3 alla ricerca di nuovi talenti.

Nonostante queste esperienze il lavoro che resta da fare è moltissimo e ancora oggi esistono pochissime realtà che si occupano di aiutare questi ragazzi a inserirsi nel mondo del lavoro. La risposta alle resistenze che esistono in questo ambiente nei confronti degli autistici risiede nella consapevolezza che deriva, come sempre, dalla conoscenza.

La consapevolezza che questi ragazzi possono essere una risorsa enorme inseriti in un contesto professionale che li rispetta e li stimola. Tuttavia questa consapevolezza  deve esserci sia da parte dei datori di lavoro che dei colleghi. La conoscenza invece deve arrivare da entrambe le parti: sia da parte dei datori di lavoro che comprendono e accettano le difficoltà che questi ragazzi hanno nella comunicazione e nei rapporti sociali, sia da parte dei ragazzi che necessitano di ambienti scolastici che vadano a stimolare le loro capacità e che li tutelino nelle loro difficoltà. Da questo punto di vista, nonostante i notevoli progressi che sono stati fatti negli ultimi anni, la situazione non è rosea. Si spera che l’inserimento del coding nei programmi scolastici possa migliorare questa situazione incrementando appunto la qualità dell’insegnamento per i ragazzi affetti da disturbo autistico.