Coding, didattica e autismo. Roboable e Scratch

Dopo aver analizzato varie esperienze ottenute dall’unione della didattica e coding oggi vogliamo raccontare le origini di Roboable che trae ispirazione proprio proprio da questa unione

 

Negli scorsi articoli abbiamo ripercorso la storia dell’utilizzo del coding in ambito didattico  con ragazzi affetti dal disturbo dello spettro autistico e abbiamo visto come molti di questi studenti, durante il loro percorso di studi, abbiano dimostrato di avere delle notevoli potenzialità nelle materie informatiche.

Infatti i ragazzi autistici hanno dei veri e propri interessi nascosti e molto spesso questi interessi riguardano l’informatica e le scienze tuttavia, a causa della varietà di questo disturbo, è difficile, o forse impossibile, definire uno schema comportamentale preciso. L’inserimento del coding nel mondo dell’istruzione potrebbe rivoluzionare in meglio la vita di queste persone anche se, allo stato attuale, siamo solo all’inizio di questo percorso.

Anche Roboable nasce dall’unione di coding e didattica attraverso la creazione di uno strumento di edutainment che abbia anche le potenzialità per veicolare contenuti terapeutici e riabilitativi. Il kit robotico di cui è composto infatti è caratterizzato dalla facilità dell’utilizzo che nasce dalla semplicità di realizzazione che a sua volta nasce dalla scelta di lavorare su un oggetto accessibile da tutti.

In Roboable la tecnologia risulta invisibile ed è stato creato per essere un oggetto piacevole e divertente. “L’idea era quella di avere un modulo simile alla Nintendo Wii su cui inserire delle cover a seconda del caso che si presentava andando a creare scenari di gioco costituiti con Scratch” – racconta Claudia Porfirione che scrisse la sua tesi di Dottorato in Design del prodotto su Roboable e che fu una delle prime persone a ideare e partecipare a questo progetto. Roboable infatti è legato indissolubilmente al coding e al mondo open source e fin dagli albori del progetto si è avvalso del software gratuito Scratch (di cui vi abbiamo già parlato qui) per la realizzazione degli scenari interattivi di gioco.   “L’idea di utilizzare Scratch per programmare Roboable nasce dal presupposto, insito in Roboable, di poter consegnare ai docenti, alle maestre e ai terapisti uno strumento semplice con cui poter creare scenari specifici che canalizzassero in maniera forte il livello di interesse del bambino”, – continua Claudia Porfirione – “Scratch essendo un  programma creato per i bambini è facilmente accessibile da parte delle maestre e dei terapisti pertanto invece di creare un software di gioco specifico per questa piattaforma abbiamo deciso di utilizzarne uno già esistente come Scratch che gode di altissima letteratura scientifica. Inoltre bisogna considerare che tutto questo progetto si lega al discorso dell’open source e della community. Uno degli obiettivi principali di Roboable infatti sta nella condivisione degli scenari e dei risultati ottenuti tra il personale medico e i terapisti”.

Tuttavia Roboable non solo si avvale ma è permeato dalla filosofia costruzionista e open source di Scratch. Per esempio le prime sperimentazioni sugli scenari avviate dal team di Roboable hanno visto l’utilizzo della plastilina durante le attività laboratoriali con ragazzi affetti dal disturbo dello spettro autistico proprio a causa dell’approccio costruzionista applicato alla didattica che considera le tecnologie robotiche come: “oggetti con cui pensare”. Questo approccio è insito nella filosofia di Scratch che fu ispirato proprio dalle teorie costruzioniste del Professore del MIT Seymour Papert il quale sostiene che “le persone costruiscono nuove conoscenze specialmente quando sono direttamente coinvolte nella costruzione di cose nel mondo”. Inoltre questo software gratuito è caratterizzato da un linguaggio semplice e intuitivo che consente di creare velocemente gli scenari facendo leva su una struttura grafica che traduce gli elementi della programmazione in “blocchi”. Per di più Scratch non trascura gli aspetti sociali ed etici e fa della condivisione uno dei pilastri fondanti della sua filosofia.

Il prototipo sperimentale di Roboable prevede che le cover (maschere emozionali provviste di sensori, ndr) vengano ideate e sperimentate dal bambino per cercare di coinvolgerlo e favorire una sua maggiore immedesimazione nella fase di gioco. Non bisogna dimenticare che uno degli obiettivi primari di Roboable è quello di creare uno strumento ludico e didattico “volto a infrangere la barriera di complessità propria di molti dispositivi”.

L’eccezionalità del progetto sta nel dare la possibilità di interagire anche a chi vive situazioni di limitazione cognitiva o motoria estrema. “L’idea scatenante di Roboable nasce dall’esperienza di Emanuele Micheli con i ragazzi autistici.” – conclude Porfirione – “Il messaggio che Emanuele ci aveva trasmesso era proprio la varietà e la diversità del disturbo autistico e quindi la difficoltà stava proprio nel dare una risposta univoca in quanto ogni bambino presentava delle specificità proprie, legate alla sua condizione. Non esisteva un punto fisso da cui poter partire per proporre delle soluzioni ma esisteva la necessità di creare un dispositivo con un elevatissimo livello di personalizzazione”.

Infatti, come abbiamo ripetuto più volte, una delle peculiarità del disturbo dello spettro autistico sta nella varietà e nella eterogeneità con cui si manifesta: raramente si trovano due bambini con tratti simili e proprio per questo Roboable, in forza della sua morfologia tecnica e tecnologica elementare e grazie all’impiego di un programma come Scratch, può essere adattato con facilità a bisogni e situazioni di volta in volta diversi e può “crescere” insieme al suo utilizzatore, diventando addirittura elemento di gioco a coppie o di gruppo per favorire lo sviluppo delle abilità di interazione sociale e di interazione con gli altri.

Gianluca Pedemonte