My autism: Storie di autismo

My autism: Storie di autismo
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Anche l’autismo ha una storia e come tutte le storie merita di essere raccontata attraverso coloro che la vivono tutti i giorni

Oggi vogliamo raccontarvi una storia; una storia che non inizia con “C’era una volta” come tutte le grandi storie anche se, ovviamente, noi pensiamo che anche questa, o meglio, anche queste, perchè sono molte, siano grandi storie.
Questa storia riguarda l’autismo e il suo spettro. Ma cos’è esattamente l’autismo?
Secondo Rosie le persone affette dallo spettro autistico hanno problemi di relazione con gli altri e hanno difficoltà a dare un senso al mondo che li circonda. L’autismo non è raro e, sempre secondo Rosie, una persona ogni cento viene colpita dall’autismo che può avere moltissime forme e varietà.
Rosie per esempio si distrae e si annoia facilmente ma non scambierebbe il suo autismo per nulla al mondo e il suo sogno è quello di diventare una famosa attrice, inoltre ama disegnare e i suoi disegni sono stati pubblicati su un libro scritto da sua madre. Alcune persone giudicano le ossessioni di Rosie noiose tuttavia lei chiama questo fattore “focalizzazione” e sono in molti i ragazzi autistici a pensarla come lei. La tipologia di autismo che ha Rosie viene chiamata “Asperger” ma come nasce questa definizione.
Secondo le ricerche fatte da Steve Silberman, autore del libro “NeuroTribes: The Legacy of Autism and the Future of Neurodiversity” per quasi tutto il ventesimo secolo i pochi psicologi che avevano sentito parlare di questo fenomeno potevano esercitare per tutta la vita senza incontrare un solo caso. Durante gli anni ‘90 del secolo scorso i casi sono incrementati in maniera vertiginosa e questo perchè, secondo il Center of disease control and prevention di Atlanta, sono aumentati i criteri diagnostici. Silberman si chiede per quale motivo prima degli anni ‘90 i casi di autismo fossero così difficili da rintracciare e su questo si basa la sua ricerca scientifica. Secondo questa ricerca per tutto il Novecento i medici raccontarono una “storia sbagliata” riguardo all’autismo.
Questa storia inizia con uno psichiatra infantile, Leo Kanner, del John Hopkins Hospital il quale, nel 1943, pubblicò uno studio inerente undici piccoli pazienti che sembravano “vivere in un mondo privato”. Kanner notò che alcuni di questi pazienti avevano abilità particolari in certe aree come la matematica, la musica e la memoria ma andavano nel panico se un giocattolo veniva spostato dal suo posto abituale. Secondo i pazienti che vide, Kanner ipotizzò che l’autismo fosse molto raro e lo classificò come forma di psicosi infantile causata da genitori freddi e indifferenti.
Durante gli anni ‘70 Lorna Wing, una psicologa cognitiva di Londra, iniziò a pensare che la teoria di Kanner fosse “maledettamente stupida” come lei stessa disse a Silberman.
Lei e suo marito erano genitori molto affettuosi ma avevano una figlia, Susie, profondamente autistica. Per richiedere maggiori fondi al National Health Service Lorna e una sua collega, Judith Gould, iniziarono uno studio sull’incidenza dell’autismo sulla popolazione complessiva. Scoprirono un mondo nuovo che evidenziava come la teoria di Kanner fosse terribilmente limitata e come l’autismo fosse una realtà molto più variegata di quanto potessero immaginare. “Alcuni bambini non parlavano, altri invece potevano parlare ore del loro interesse per l’astrofisica, dei dinosauri o della genealogia della famiglia reale, in sostanza non rispondevano ad un etichetta fissa” come disse Judith a Silberman.
Ad un certo punto Lorna si imbatté in uno studio tedesco del 1944, che Kanner conosceva ma evitò di menzionare. Questo studio offriva una storia alternativa dell’autismo e il suo autore si chiamava Hans Asperger. Questo medico gestiva una clinica a Vienna durante gli anni 30 e ideò un nuovo metodo di apprendimento composto da ginnastica al ritmo di musica e domeniche pomeriggio all’aperto.
Asperger definiva l’autismo una disabilità permanente poligenetica e invece di trattare i suoi bambini come pazienti li chiamava i “suoi piccoli professori”. Lorna e Judith capirono pertanto che Kanner sbagliava quando diceva che l’autismo era raro ma soprattutto quando affermava che fossero i genitori a causarlo e si impegnarono per ampliare i criteri diagnostici. Tra gli anni 80 e 90 il modello di Kanner venne sostituito da quello di Asperger più ampio e variegato e il numero di casi iniziò ad aumentare vertiginosamente e questa è la principale spiegazione trovata per l’aumento dei casi di autismo nel corso degli anni 90.
Alcune persone come Rosie hanno quindi una tipologia di autismo molto più mite, Asperger appunto, come lei stessa ci spiega tuttavia altri, come suo fratello Lenny, sono affetti da una forma “classica” di autismo. Lenny a nove anni non può veramente parlare e sia Rosie che i genitori pensano che non potrà essere indipendente per tutta la vita tuttavia c’è un solo comportamento che mostra tutta la sua disabilità: si sente veramente stressato se le porte non sono chiuse.  Questo può causare negli estranei il dubbio che sia arrabbiato o pazzo; la mancanza di comprensione è una delle cose peggiori che può capitare ad un autistico.
Ben per esempio è stato vittima di bullismo a scuola  a causa dei suoi scoppi d’ira e questo lo rendeva molto triste: “Immaginate di andare a scuola tutti i giorni e non avere un solo amico; all’inizio andavo a scuola ma non frequentavo tutte le lezioni per paura di essere schernito” racconta alla BBC. Tuttavia Ben grazie al supporto scolastico adesso riesce a gestire la rabbia ed è diventato più socievole e ora, oltre a frequentare tutte le lezioni ha anche un gruppo di amici. Quasi tre bambini autistici su quattro si sentono infelici ma, secondo Ben, questo non è dovuto alla loro condizione ma al fatto che non hanno il sostegno e l’aiuto di cui hanno bisogno. Vivere con l’autismo può essere difficile a volte, e molto spesso lo è, tuttavia secondo Rosie “ Autism makes me different, but also makes me unique and special”.
L’ultima storia che vogliamo raccontarvi oggi non sarò io a narrarla bensì Giacomo, detto Jack, che sulla sua storia ha creato un video. Non perdetevelo!

Testo di Gianluca Pedemonte