Robot, interfacce e autismo, dialogo con Daniele Lombardo

Daniele Lombardo, insieme a suo fratello ha creato nel 2012 Behaviour Labs, per lavorare su robotica e autismo.

 

Behaviours Labs è una startup innovativa con sede a Catania nata per “dare un’anima*” a robot umanoidi e non solo; lo scopo è infatti che gli automi possano essere usati dall’umanità in maniera etica e armonica nel nome dell’utilità, partendo dall’assunto che questi robot sono macchine e pertanto debbano essere utili all’essere umano e non meri esercizi di stile o come li definiva Norbert Wiener “gadget worship” ovvero oggetti da culto.Uno dei loro progetti fondamentali riguarda la creazione di una terapia sperimentale per il trattamento dell’autismo. Scuola di Robotica lo ha intervistato e quella che segue è la prima parte del dialogo che abbiamo avuto con Daniele.

*dare un’anima per noi significa dare uno scopo etico ai robot!

Daniele perchè “Behaviour labs ”?

Questo nome nasce dalla volontà di rivolgere i nostri sforzi alla programmazione di robot e quando si programma un robot non si crea semplicemente un software ma si tenta di creare un behaviour ovvero un comportamento.

Ma perchè si parla di comportamento nei robot?

Perché i robot camminano, parlano, sentono quindi non si tratta di una semplice applicazione ma di un vero e proprio “comportamento”, ecco perché Behaviour Labs. Il nostro primo obiettivo è stato quello di occuparci della robotica applicata alla terapia dell’autismo innanzitutto perché era un problema a noi noto e poi perchè abbiamo scoperto che esisteva della letteratura in rete sull’utilizzo dei robot in questo campo ma questi robot erano utilizzati solo come “manichini evoluti”. Questo fatto ci ha molto colpito e volevamo capire come portare sul mercato un prodotto più efficiente. Bisogna considerare che, in tutta la letteratura antecedente al 2012, per creare un esercizio valido per l’autismo c’era un lavoro enorme da parte di un’equipe di medici e informatici e successivamente veniva richiesto l’impiego di questa stessa equipe per lavorare con il bambino. A nostro parere mancava un’interfaccia utente ovvero un software che consentisse di utilizzare i robot all’interno della terapia dell’autismo in modo semplice.

E quali erano le altre mancanze fondamentali secondo voi? Tutto il contorno ovvero tutta quella architettura software che, partendo dalla cartella clinica del bambino, con tutti i suoi bisogni, andasse a selezionare gli esercizi che quel bambino doveva fare in base al suo piano terapeutico. Noi partendo dai supporti che già venivano utilizzati per erogare i servizi abbiamo pensato di seguire questo iter e da questo è nata la piattaforma, chiamata “Robomate”, ovvero l’infrastruttura della cartella clinica per la gestione del dato che poi andrà a consigliare gli esercizi tramite una vera e propria playlist.

Esiste quindi un programma contenente più esercizi che riesce a consigliare quale sia il migliore?

Questa piattaforma contiene molti esercizi tra i quali la stimolazione cognitiva, la teoria della mente e la psicomotricità e quindi in base a dei tag, che poi sono gli obiettivi del bambino, elabora in automatico gli esercizi consigliati.

Avete utilizzato un supporto medico per creare questi percorsi?

Si, assolutamente. Noi siamo informatici e non abbiamo le basi di psicologia clinica o neuropsichiatria infantile e allora capite quali erano le esigenze e creato il contenitore vuoto ovvero Robomate abbiamo stretto un accordo con il C.N.R di Messina il quale ha un centro che si occupa solo di autismo. A quel punto insieme a neuropsichiatri e psicologi abbiamo sviluppato questi esercizi.

In futuro sarà possibile avere una cura personalizzata per ogni bambino grazie ai supporti robot?

Bisogna considerare che non  può esistere una terapia condivisa per tutti; ogni bambino è un mondo a se e uno dei punti fondamentali dell’autismo é l’ossessione maniacale per i dettagli che si traduce anche nel gradire o meno il colore o la dimensione di un font o di un suono quindi può andare a monte un’ intera terapia perchè viene utilizzato un carattere non gradito dal bambino oppure viceversa quel bambino ama così tanto quel font o quel colore da fissarsi e non andare più avanti.

Raccontami un episodio che ti ha colpito.

Abbiamo creato un esercizio dove il robot poneva una domanda al bambino il quale doveva rispondere cliccando sul tablet “yes”, “no” o “I don’t know”. La terapista ci aveva chiesto di utilizzare il sistema del semaforo dove “yes” era verde, “no” rosso e “I don’t know” giallo. Un bambino autistico ad alto funzionamento, ovvero con vari talenti ma con problemi relazionali, sceglieva sempre “I don’t know” e, ad un certo punto, la terapista gli chiese per quale motivo cliccava sempre quella risposta e quali erano i problemi e lui rispose in maniera pacifica che continuava a scegliere quella risposta semplicemente perchè amava il giallo.

Il vostro è un progetto in continua evoluzione?

Possiamo dire che il progetto è in costante evoluzione anche se all’inizio è stata dura crearsi delle referenze. Quando si tratta di argomenti così delicati bisogna dimostrare l’efficacia e la validità della proprie idee.Noi siamo partiti bene grazie all’appoggio del C.N.R poi, lentamente, acquisendo l’ASP come cliente e altre realtà di un certo spessore abbiamo iniziato a ingranare. Lo scorso anno abbiamo fatto anche una pubblicazione scientifica con l’Università di Enna e la IULM di Milano.

Voi utilizzate per i vostri progetti sia Nao che Milo, quali sono le differenze a livello terapeutico? Sono i due robot che consigliamo insieme, quando la struttura sanitaria ci pone questa domanda, perchè assolvono compiti diversi. Nao ha delle performance eccezionali per quanto riguarda i movimenti perchè è dotato di venticinque gradi di libertà e questo significa che gli arti e il corpo riescono a muoversi in modo tale che imita abbastanza bene un essere umano. Milo invece è un corpo molto rigido con pochissimi gradi di libertà che si muove come un robot degli anni ‘50 però ha un punto di forza enorme ovvero il viso che riproduce tantissime espressioni facciali. Di conseguenza riproduce emozioni quindi nell’ambito dell’autismo sono utili entrambi perchè con Nao si possono fare esercizi riguardanti la psicomotricità, le imitazioni e la stimolazione cognitiva mentre con Milo ci si può concentrare moltissimo sulle emozioni e il robot diventa utile perchè è ripetitivo e ripropone sempre le stesse espressioni facciali e ha la capacità di essere prevedibile e questo rassicura i bambini.